BRANO TRATTO DALLA BIOGRAFIA “MILANO” COMMITTENTE PRIVATO
Da qualche tempo un dismesso capanno di pescatori è diventato un accogliente rifugio, punto di partenza e ritorno di sogni ed ossessioni che popolano gli orizzonti dei loro sedici anni.
I tre coetanei hanno condiviso, uniti da una ferrea amicizia, tutto il periodo scolastico riuscendo ad ottenere in modo rocambolesco il diploma di avviamento professionale, liberando il corpo insegnante dalla loro chiassosa ed inutile presenza.
Sandro ed Elio sono curiosi di sapere come Giorgio ha trascorso il suo primo giorno di lavoro e lo sottopongono ad un estenuante interrogatorio a cui egli risponde solo per monosillabi come se la mente fosse altrove. Non vuole affermare che è stato un giorno pieno di insulti e calci nel fondo schiena.
Se dicesse la verità i suoi occhi libererebbero calde lacrime. Confessa soltanto che il giorno successivo vorrebbe andare con suo padre a fare mercati: urlare, convincere, vendere. Non importa cosa, ciò che conta è riuscire a vendere.
Questa passione per il commercio lo ha portato ad organizzare una florida attività di compravendita di ricambi per motociclette e motorini. Lenta trasformazione di una precedente attività di vendita di riviste e libri usati. Ogni sabato gira per case e rottamai in cerca dell’affare e la domenica carica tutto su un carretto per portalo al campetto dell’oratorio dove c’è sempre qualcuno che lo attende per acquistare il carburatore di una vecchia Rumi, il carter di una Aermacchi o la marmitta di una Guzzi. Lui sa dove trovare quello che di cui ha necessità. L’istinto lo guida e rassicura.
La propensione all’attività commerciale crede di averla ereditata dal padre che ogni giorno vende, nei mercati ambulanti della provincia, tute, pantaloni, camice, maglie e maglioni.
Giorgio, finita l’età scolastica, desiderava lavorare al suo fianco imparando segreti e saggezze del mestiere ma il genitore gli ha opposto un netto ed inspiegabile rifiuto che egli ancora non sa comprendere. Al nero della fuliggine che presidia l’officina avrebbe preferito i colori ed il vociare delle piazze.
Mentre pensa, per l’ennesima volta, a come creare una breccia nella dura volontà del padre la sera sta per calare e nei casolari vicini al torrente si sono già accese le luci, piccole lucciole che sostano in attesa delle truppe del buio.
Ad un tratto Elio lascia la riva gridando “ guardate cosa ho trovato”. Piero gli si avvicina e scopre che tiene fra le mani uno stemma triangolare marcato Gilera. In un attimo riconosce a quale modello appartiene ed inizia a contrattare il prezzo. Sarà facile venderlo.
E’ il momento più bello di questa prima giornata di lavoro, tanto bello da costringerlo a pensare a Monica, la ragazza che vive nella casa di ringhiera vicino alla chiesa.
E’ bella come un mattino di Maggio e sa che un giorno la sposerà anche se ancora non è stato capace di comunicarle il suo fragile sentimento. Ogni volta che la incontra l’azzurro intenso dei suoi occhi lo confonde e non sa cosa dire. Vorrebbe fuggire ma poi si impone di rimanere mormorando parole disarticolate che la fanno ridere e per lui questo è amore.